Un piano di sviluppo rurale che non comprende il comune di Formia
La regione Lazio con il varo dell’ultimo piano di sviluppo rurale ha avviato un imponente azione di recupero delle zone agricole e di incentivazione delle imprese agroalimentare, con uno sforzo di 90 milioni di euro.
Lo strumento utilizzato è l’ARSIAL (agenzia regionale per lo sviluppo e l’innovazione dell’agricoltura del Lazio), che d’intesa con Assessorato all’Agricoltura della Regione, nel 2014 ha emesso due bandi PER L’ASSEGNAZIONE IN CONCESSIONE DI TERRENI AGRICOLI di proprietà pubblica, per un totale di 343 ettari, suddivisi in lotti (posti a Roma, Tarquinia, Montalto D.C., Magliano S.), da assegnare in affitto a canone agevolato della durata di 15 anni ai candidati che risulteranno vincitori, con pagamento della prima annualità a partire dal 4° anno.
Dopo pochi mesi dal bando, 118 progetti presentati, nel 2015 sono stati sottoscritti i primi due contratti di affitto con giovani imprenditori (7,7 ettari in comune di Nazzano; 15,2 ettari in comune di Proceno) per l’avvio delle imprese agroalimentari.
I bandi inoltre prevedono importanti misure di sostegno finanziario quali: dilazione di pagamento dei primi tre canoni annui d’affitto; costituzione di un fondo di € 150.000 per il credito di conduzione e concorso all’attivazione di un fondo di garanzia – Confidi, con un contributo complessivo di € 500.000, per il sostegno agli investimenti nelle aziende agricole che si costituiranno sui terreni oggetto del presente bando, sostenuti da garanzia pubblica. A queste si aggiunge anche il tutoraggio tecnico.
Una vera è propria iniezione di fiducia! Un pioggia di denaro pubblico caduta sulla provincia di Roma per aiutare giustamente un settore in crisi!
Bene! Ma Formia? Ovviamente nulla! Anche qui c’è un’azienda agricola sperimentale di proprietà dell’ARSIAL, poi misteriosamente chiusa, ed anche dei lavoratori pronti a impegnarsi per riavviarla. La contraddizione è evidente, ma la regione e la politica locale preferiscono probabilmente glissare sull’argomento, a causa della variante urbanistica approvata nel 2006 (Deliberazione n°511 del 04/08/06) per la “Destinazione dell’area ex ENAOLI nel Comune di Formia per la realizzazione del Nuovo Ospedale del Golfo”.
Da allora sono passati dieci anni senza che si sia mossa foglia per la costruzione dell’Ospedale (e chissà quanti soldi sono stati spesi per la progettazione dell’opera), mentre sono già tre anni l’associazione di lavoratori che si è costituita per promuovere sul sito una nuova azienda agricola, nonostante diverse iniziative e ripetuti sforzi portati avanti dal 2014, sono riusciti ad ottenere poco se non la solidarietà pelosa dei politici dell’attuale maggioranza comunale, affine a quella regionale.
Il presidente della Regione Lazio Nicola Zingaretti firmando i contratti di locazione sosteneva che “Non si può costruire speranza dando pacche sulle spalle”. Questo vogliamo dire alla politica locale, assolutamente inerte di fronte alla crisi economica e sociale che vivono i lavoratori delle nostre terre, verso cui i nostri capobastone si rivolgono con lo scontato adagio del “mi costerno, m’indigno, m’impegno e poi getto la spugna con gran dignità!”.
Se il Piano di Sviluppo Rurale deve essere “un processo di valorizzazione che pone al centro beni comuni e creazione di lavoro vero”, come dicono dalla Regione, questo deve includere anche i lavoratori del Golfo. Altrimenti è l’ennesimo atto di una politica ipocrita ed opportunistica, a cui assistiamo da tempo.
Evidentemente si preferisce tenere la nostra città ferma nell’attesa messianica della realizzazione del Nuovo Ospedale del Golfo (che mai si farà ovviamente) che dare risposte concrete alla fame di lavoro che viene dal basso.
D’altronde l’articolo 4 della Costituzione italiana recita che “La Repubblica riconosce a tutti i cittadini il diritto al lavoro e promuove le condizioni che rendano effettivo questo diritto.
Ogni cittadino ha il dovere di svolgere, secondo le proprie possibilità e la propria scelta, un’attività o una funzione che concorra al progresso materiale o spirituale della società”.
Peccato che quando si tratta poi di passare dalle parole ai fatti la si lasci marcire chiusa in un cassetto e quindi il diritto al lavoro, così come il diritto al reddito, continuano ad essere negati a milioni di cittadini e invece continuano a dilagare lo sfruttamento, la precarietà, la flessibilità, il non lavoro, l’esplosione del volontariato, la mancanza di sicurezza sul posto di lavoro, i bassi salari, i licenziamenti, vere e proprie piaghe della nostra società.
A peggiorare la situazione l’introduzione – da parte del governo Renzi – del Jobs Act che di fatto ha dato carta libera ai datori di lavoro e trasformato i lavoratori in carne da macello.
Circolo “Enzo Simeone”
Partito della Rifondazione Comunista
Formia