Perché paghiamo dei dirigenti sanitari se non riescono nemmeno a far rispettare la legge?

Ogni giorno in Italia a circa mille persone viene diagnosticato un tumore. Le reti oncologiche – intendendo con esse “il coordinamento di tutte le azioni che riguardano l’assistenza al malato oncologico, sia dentro che fuori dall’ospedale” – al momento sono attive, cioè funzionanti, solo in Veneto, Piemonte, Lombardia, Toscana, Trentino e Umbria, mentre sono in fase di attivazione in Emilia Romagna, Friuli Venezia Giulia, Lazio, Liguria, Alto Adige e Sicilia. Mancano invece nel resto d’Italia.
E’ quanto emerge dal Monitoraggio civico sulle strutture oncologiche, realizzato da Cittadinanzattiva – Tribunale per i diritti del malato, reso pubblico nei giorni scorsi.
Dalla lettura del quale si apprende che in un quarto (il 25%) delle 62 strutture italiane che si occupano di tumori non è garantito – entro le 72 ore – l’accesso alle prestazioni diagnostiche ai pazienti con sospetta diagnosi di tumore.
In particolare poi nella nostra regione l’eventuale intervento chirurgico è garantito, in quasi 9 casi su dieci (87%) entro i 60 giorni dal sospetto diagnostico rilevato.
Una garanzia che non vale né all’ospedale Fiorini di Terracina, né al «Dono Svizzero» di Formia, dove i tempi sono molto più lunghi purtroppo.
Più o meno nella stessa percentuale (circa 89%) è garantito l’avvio del trattamento chemio o radio-terapeutico, tranne che per gli ospedali di Formia, di Latina e di Terracina.
Insomma una persona che si ammala di tumore nel sud pontino non è solo costretto a fare i conti con una malattia devastante, ma anche con una sanità pubblica che non vuole offrirgli i servizi necessari perchè aumentino le probabilità di guarigione.
Sul del perché di questa grave mancanza interroghiamo i vertici della sanità laziale, intendendo con essi sia i politici – in qualità di mandanti – che i dirigenti – in qualità di esecutori – pagati profumatamente per dare il colpo di grazia alla sanità pubblica, una volta il fiore all’occhiello del nostro paese ed oggi invece trasformatosi in un campo di battaglia, dove i cittadini devono lottare con le unghie e i denti per ottenere il dovuto.
Eppure il presidente Zingaretti continua a far finta che tutto vada bene e con il solito tono trionfante – accompagnato da un sorriso sfavillante – continua a girare il Lazio promettendo una sanità a misura di uomo e di donna e intanto continuano ad esserci lunghissime le liste di attesa per qualsiasi esame specialistico, quasi sempre superiori ai 30 giorni di attesa previsti dalla legge
E questo senza che nessun sindaco del sudpontino abbia il coraggio di sbattere i pugni sul tavolo per chiedere che si faccia di più e meglio per garantire il diritto alla salute, così come sancito dalla nostra Costituzione.
Invece si accontentano di scodinzolare felici quando arrivano le più alte cariche regionali per inaugurare un cippo o una rotanda e poi null’altro.
Vogliamo sapere in ultimo se dobbiamo continuare a pagare sulla nostra pelle la colpa di vivere nel sud pontino, uno dei posti peggiori per quanto riguarda la qualità dei servizi pubblici.
Non bastano le promesse, non bastano le mance, vogliamo i fatti, vogliamo una sanità a misura d’uomo, cioè che sappia sia prevenire che curare da un lato e sia accessibile a chiunque dall’altro.
E questo lo continueremo a chiedere in ogni occasione.

Circolo “ENZO SIMEONE”
partito della Rifondazione Comunista
Formia

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