Acqualatina, tutti i nodi vengono al pettine

In questo ultimo mese – con lo scoppio della crisi idrica – abbiamo assistito allo strano fenomeno della migrazione di partiti e di consiglieri comunali dal carro degli strenui difensori di Acqualatina al carro dei nemici più acerrimi della stessa. E’ chiaro che tale scelta non è assolutamente dettata dalla sincera intenzione di strappare alla società italo-francese – tra l’altro di proprietà per il 51% dei comuni dell’ATO4 – la gestione del servizio idrico, ma da puro calcolo politico. Oggi – visti i danni causati – la “malagestione” targata Acqualatina è indifendibile ed allora risulta loro più comodo gettarsi alle spalle un quindicennio fatto di totale adesione al modello privatistico – con i suoi sprechi e con i suoi aumenti esponenziali delle bollette – che lo ha caratterizzato.
D’altronde la stessa idea di alcuni comuni dell’ATO4 di voler acquistare le quote – il restante 49% – in mano ad Idrolatina – società controllata dalla francese Veolia lo dimostra. Questa operazione che loro chiamano ripubblicizzazione, noi non abbiamo paura di chiamarla truffa. Infatti la società Acqualatina non deve semplicemente cambiare padrone, ma deve essere sciolta e l’acqua deve ritornare nella titolarità dei comuni dell’ATO4.
Il modello che ritiene più corretto ed efficace è un’azienda speciale, cioè un ente pubblico senza scopo di lucro definito quale “ente strumentale” dell’ente locale dotato di personalità giuridica, di autonomia imprenditoriale e di proprio statuto, approvato dal consiglio comunale. Modello che tuttora è consentito dalla vigente normativa, nonostante i tentativi del partito democratico e dei suoi alleati di metterlo fuorilegge.
La prima mossa è l’approvazione da parte del consiglio comunale di Formia di una deliberazione con la quale comunicare alla Segreteria Tecnico Operativa dell’Ato4 – Lazio Meridionale la decisione del nostro comune di rescindere immediatamente dal contratto che lo lega ad Acqualatina e la contemporanea ripresa in carico gli impianti di sua proprietà. In realtà l’operazione venne già autorizzata nel 23 Novembre 2007 con l’approvazione da parte del consiglio comunale di allora – maggioranza di centrosinistra – di una proposta di deliberazione di iniziativa popolare, ma poi venne sospesa dal TAR di Latina a seguito di una richiesta di sospensiva da parte della provincia di Latina, allora guidata da Armando Cusani. E poi più nulla.
Già sappiamo bene cosa ci verrà risposto dai “falsi nemici” di Acqualatina e ciò che quanto da noi prospettato è irrealizzabile perché non è possibile rescindere il contratto che lega il nostro comune ad Acqualatina, ma come ci insegna la politica tutto è possibile. Basta volerlo. La stessa convenzione di gestione – che disciplina i rapporti tra i comuni e Acqualatina – non è immutabile, tant’è che è stata modificata nel corso degli anni. L’ultima è infatti datata 2012 e porta l’illustre firma di Armando Cusani, – per la parte pubblica in qualità di presidente della provincia di Latina- e dell’ex Pci, Pds, Ds, Pd, Luigi Raimondo Besson – per la parte privata – in qualità di amministratore delegato di Acqualatina.
E proprio con l’acqua che probabilmente si è avviato il processo politico di avvicinamento tra Forza Italia e il Partito Democratico, tanto che oggi in molte realtà locali – ultima Gaeta – sono al governo insieme.
Ebbene davanti alle pretese di bloccare il processo di riappropriazione del bene Acqua consigliamo ai consiglieri comunali di spogliarsi del ricatto della loro appartenenza politica e di pensare a tutelare i loro concittadini, ormai stremati da una crisi idrica sempre più pesante. Non ci sono più scuse per rimandare la ripubblicizzazione dell’acqua, a meno che non si voglia giocare su più tavoli.
Lo vediamo in queste ore con l’amministratore delegato che – con la scusa della crisi idrica – è andato a bussare a denari da Zingaretti. Ed allora viene anche il dubbio che la crisi sia stata creata ad arte proprio per premere sulla regione Lazio per ottenere denaro pubblico, visto che Acqualatina confessa di non avere soldi per gli investimenti.
Ed allora ecco che l’acqua torna ad essere nuovamente merce di scambio tra i partiti che dominano da anni le nostre disgraziate terre.
Insomma la quadratura del cerchio del processo di spoliazione delle comunità locali dei propri beni, che prende il nome di “privatizzazione”.

Circolo “ENZO SIMEONE”
partito della Rifondazione Comunista
Formia

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