La buona scuola nasconde lo sfruttamento più bieco
Abbiamo appreso che la “buona scuola” ha fatto il suo esordio nella ristorazione pontina (isole comprese). La formula utilizzata è quella dell’alternanza scuola-lavoro, con la quale gli studenti dell’ultimo triennio delle scuole superiore sono obbligati a lavorare gratuitamente (400 ore negli istituti tecnici e professionali e 200 ore), pena l’impossibilità per gli studenti di svolgere l’esame di maturità. Insomma un ricatto bello e buono che viene addirittura autorizzato dal governo italiano. Una nuova forma coercitiva esercitata dagli istituti – su delega del governo Renzi – nei confronti degli studenti per obbligarli a lavorare gratuitamente. Fantastico poi il modo con il viene descritta l’alternanza scuola-lavoro sul sito del ministero dell’istruzione guidato dalla diplomata Fedeli di stretta osservanza democratica. Le motivazione che giustificano tale formula sono a dir poco surreali. Si parte con “La scuola deve, infatti, diventare la più efficace politica strutturale a favore della crescita e della formazione di nuove competenze, contro la disoccupazione e il disallineamento tra domanda e offerta nel mercato del lavoro” e ancora “Per questo, deve aprirsi al territorio, chiedendo alla società di rendere tutti gli studenti protagonisti consapevoli delle scelte per il proprio futuro” e infine “Con l’alternanza scuola-lavoro, viene introdotto in maniera universale un metodo didattico e di apprendimento sintonizzato con le esigenze del mondo esterno che chiama in causa anche gli adulti, nel loro ruolo di tutor interni (docenti) e tutor esterni (referenti della realtà ospitante). L’alternanza favorisce la comunicazione intergenerazionale, pone le basi per uno scambio di esperienze e crescita reciproca. Non solo imprese e aziende, ma anche associazioni sportive e di volontariato, enti culturali, istituzioni e ordini professionali possono diventare partner educativi della scuola per sviluppare in sinergia esperienze coerenti alle attitudini e alle passioni di ogni ragazza e di ogni ragazzo”. Insomma agli studenti si vuole far credere che il loro esordio nel mondo del lavoro sarà tutto rose e fiori. D’altronde “lo studente in alternanza non è mai un lavoratore, ma apprende competenze coerenti con il percorso di studi scelto in realtà operative”. E quindi nessun padrone avrà mai l’ardire di sfruttarli con turni massacranti, perché i padroni sfruttano i lavoratori mica gli studenti. Gli accordi tra il mondo della scuola e il mondo del lavoro sono quanto di più opaco esista. Ne è la conferma il fatto che nulla è stato reso pubblico. Nulla infatti abbiamo trovato sui siti istituzionali degli istituti. Non sappiamo ad esempio presso quali attività ristorative lavorano (o si formano secondo la vulgata governativa) gli studenti, il loro numero, i turni e le mansioni che essi svolgono, quali sono i tutor (o controllori) che devono vigilare sul rispetto degli accordi, quali garanzie vi sono che i tutor non abbiano conflitti d’interessi, se sono riconosciuti agli studenti dei rimborsi spesa, se godono dei diritti sindacali, o ancora se sono assicurati contro gli infortuni e le malattie. Tra l’altro si rischia anche una guerra con quanti si vedono sottrarre il posto di lavoro (anche se in nero o in modalità voucher) proprio dagli studenti in modalità “alternanza scuola-lavoro”. Una guerra tra poveri che va assolutamente evitata e che tra l’altro farebbe solo il gioco dei padroni. Invitiamo inoltre gli organismi ispettivi (ispettorato del lavoro, guardia di finanza, …) ad attivarsi, affinché svolgano i dovuti controlli per contrastare gli abusi che non mancheranno sicuramente nel mondo della ristorazione, da sempre avvezzo a fare dei diritti dei lavoratori carta straccia. D’altronde la legge dice chiaramente che la “alternanza scuola-lavoro” non può mai configurarsi come rapporto di lavoro ma esclusivamente di formazione”. Da parte nostra abbiamo sempre condannato la buona scuola, in quanto strumento per eccellenza utilizzato dal governo Renzi – e poi da quello Gentiloni – per demolire definitivamente la scuola pubblica, consegnandola agli appetiti dei privati, proprio gli stessi che sono i più forti sostenitori dei governi a guida democratica.
Circolo “ENZO SIMEONE”
partito della Rifondazione Comunista
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