L’alloggio popolare è l’unica risposta alla crisi degli alloggi che colpisce i cittadini soprattutto quelli meno abbienti
Dalla lettura del rapporto 2017- curato dall’Ufficio Centrale di Statistica del Dipartimento per le Politiche del Personale dell’Amministrazione Civile e per le Risorse Strumentali e Finanziarie – che contiene un riepilogo dei dati nazionali concernenti le procedure di rilascio di immobili ad uso abitativo, scopriamo che i provvedimenti di sfratto emessi nel corso dell’anno scorso nella nostra provincia sono stati 439, con un aumento del 17.7% rispetto all’anno precedente. Di questi ben 402 per morosità ( 156 nel capoluogo di provincia e 246 nel resto della provincia). Il resto invece è legato alla fine della locazione. Le richieste di esecuzione presentate all’Ufficiale Giudiziario sono 975, con una variazione negativa del 18.48% rispetto all’anno precedente. Gli sfratti eseguiti invece con l’intervento dell’Ufficiale Giudiziario sono stati 341 con un aumento del 16.38% rispetto all’anno precedente. La fotografia della nostra provincia è al quanto allarmante, ma non ci sorprende. E’ solo l’ennesima conferma di come la crisi economica di questi ultimi anni, che ha ridotto i salari e fatto esplodere la precarietà, ha avuto tra le conseguenze più evidenti l’esplosione dell’emergenza abitativa, aggravata dall’assenza di una politica dell’abitare degna di questo nome. E’ infatti più di mezzo secolo che si costruiscono case per i ceti abbienti, ma non ce ne sono abbastanza per chi ne ha veramente bisogno e cioè le fasce popolari.
Il fatto è che purtroppo sono troppe persone che vivono nella marginalità e senza un accesso sicuro alla casa, con la crescita costante degli sfratti e della guerra tra poveri. E mentre questo succede un enorme patrimonio immobiliare è vuoto o sfitto e che in alcuni casi versa in stato di completo abbandono. Addirittura in Italia le case vuote sono oltre 7 milioni, più di un’abitazione su cinque, il 22,5% del totale è senza inquilini.
E ciò che succede quando si passa dalla programmazione alla speculazione. D’altronde l’ultimo corposo intervento pubblico è stato quello avviato nel dopoguerra e arrivato fino agli anni Sessanta: le cosiddette ‘case Fanfani’, costruite per dare una abitazione alle famiglie a basso reddito e poi tranne piccoli ritocchi tutto si è fermato lì.
L’unica risposta che lo stato sa da dare è la repressione, vedi l’ordinanza di Salvini – figlia decreto-legge” varato nel 2017 dal governo di centrosinistra in materia di “gestione del tema dell’occupazione arbitraria degli immobili” – che spinge per un’accelerazione degli sgomberi degli edifici occupati per necessità.
Poco nulla invece è stato invece fatto per soddisfare il bisogno abitativo. Qualche anno fa è stata presentata – in regione Lazio – la proposta di iniziativa popolare “Diritto alla case e all’abitare” che cercava di dare una risposta seria al problema, impegnando la regione Lazio a intervenire, ma non se ne è saputo più nulla. Probabilmente è andata al macero.
Negli anni scorsi abbiamo più volte lanciato l’allarme circa la necessità di realizzare – nella nostra città – un numero di nuovi alloggi di edilizia popolare in grado di soddisfare la fame abitativa degli strati sociali meno abbienti. D’altronde nel nostro comune sono oltre 200 le famiglie che hanno fatto richiesta di un alloggio popolare e che da anni aspettano che qualcuno si degni di dare loro una risposta.
Questa fame di edilizia popolare può essere soddisfatta solo portando intorno ad un tavolo tutti gli enti interessati: la regione Lazio, l’Ater, il comune di Formia, le famiglie richiedenti, le associazioni degli inquilini. All’ordine del giorno tutti i provvedimenti del caso, da nuovi investimenti fino alla requisizione di edifici privati vuoti in caso di necessità, ma anche il censimento degli alloggi esistenti, sanzionando eventuali abusi, commessi da chi non ha bisogno di un alloggio popolare, e intervenendo laddove è necessario con opere di riqualificazione dell’esiste.
Circolo “ENZO SIMEONE”
partito della Rifondazione Comunista
Formia