Sanità, un taglio senza cucito
“Dal 15 gennaio per le visite e gli esami urgenti è possibile recarsi dal proprio medico di famiglia che garantisce l’appuntamento entro 3 giorni dalla richiesta”. E’ questo quello che ci è stato promesso da una campagna pubblicitaria della regione Lazio. Prima a Roma, chissà perché la capitale ha sempre la precedenza, e poi nel resto della regione. Che se forse vero sarebbe stata una vera e propria rivoluzione da accogliere a braccia aperte.
Chi si è trovato nella triste condizione di dover prenotare una visita specialistica avrà tirato un sospiro di sollievo, fino a quando si è accorto che le promesse della giunta Polverini sarebbero rimaste tali. Altre notizie che ci sono giunte sono ancora più allarmanti, tant’è che si può parlare di un vero e proprio tsunami che da alcuni mesi sta colpendo la sanità laziale, a causa di quello che il centrodestra chiama “riorganizzazione” del sistema sanitario, ma che in realtà nasconde l’ennesimo tentativo di sferrare un colpo mortale al diritto dei cittadini di ricevere un’assistenza sanitaria, così come previsto dall’articolo 32 della Costituzione, che nel nel sancire la tutela della salute come “diritto fondamentale dell’individuo e interesse della collettività”, di fatto obbliga lo Stato a promuovere ogni opportuna iniziativa e ad adottare precisi comportamenti finalizzati al miglioramento e alla tutela della nostra salute. Il sistema sanitario laziale è in uno stato comatoso sotto tutti i punti di vista.
Già Marrazzo, in qualità di presidente della Regione e successivamente commissario ad acta per la sanità, provò a risanare i conti attraverso un piano di lacrime e sangue, prevedendo una mastodontica cura da cavallo, senza però di fatto che ciò portasse ad alcun miglioramento sul piano degli ammodernamenti, delle attrezzature mediche, delle ristrutturazioni urbanistiche, della formazione professionale del personale sanitario, ma nemmeno impegnandosi “seriamente” a colpire al cuore tutta la sanità privata che la faceva da padrona sulle convenzioni e nello sperpero di danaro a danno della collettività.
La nomina della Polverini a commissario ad acta , avvenuta con una deliberazione del Consiglio dei Ministri del 23 aprile 2010, non ha di fatto migliorato la cosa, infatti se da un lato ha significato lo sblocco dei finanziamenti che spettano alla regione Lazio, dall’altro ha voluto dire l’accettazione di un piano di rientro, che si tradurrà ancora una volta non nel taglio agli sprechi (la tanta decantata “la razionalizzazione dell’offerta sanitaria”) ma nell’attacco indiscriminato alla “sanità pubblica”. Ma non solo, visto che il governo Berlusconi ha anche imposto l’aumento dell’IRPEF regionale, che è passata dal 1.3% al 1,7%, un +0,4% che rappresenta un vero e proprio ricatto a spese dei cittadini.
Se poi diamo un’occhiata alla situazione degli ospedali del golfo non possiamo che rimanere allibiti dalle scelte fatte dall’attuale giunta Polverini, frutto di una visione tutta «romanocentrica», scelta dettata evidentemente dalla volontà di non scontentare Alemanno, vero grande elettore dell’attuale governatrice. La riorganizzazione del territorio regionale prevede la istituzione di quattro macroaree, ognuna delle quali facenti riferimento a Roma. Ad esempio l’Asl di Latina è inclusa, nella Macroarea 3 (pop. 1.302.151), insieme ASL RM D, ASL RM H (Distretti 4, 6), ASL Latina, S.Camillo Forlanini, Spallanzani, S.Raffaele Pisana.
Da quello che ci pare di capire il riordino della rete ospedaliera per il comprensorio del golfo prevede che a Gaeta, in pratica, convergano i servizi ambulatoriali dell’intero golfo, così come da noi evidenziato in un precedente comunicato. Inoltre vi resterebbero le postazioni del 118, la diagnostica di base e l’assistenza domiciliare integrata. Discorso diverso, invece, per l’ospedale di Minturno che è stato trasformato in un poliambulatorio specialistico e in una struttura dedicata all’assistenza. Per entrambi gli ospedali è prevista inoltre la completa dismissione dei posti letto per acuti.
Una riduzione di posti letto di non poca importanza specie se si considerano le drammatiche difficoltà in cui versa il sistema di trasporto del 118 ( carenza di circa 40 ambulanze e di oltre 600 operatori tra medici e infermieri). Un dramma soprattutto ora che tagliati i posti letti si dovrà fare un uso massiccio delle autoambulanze per spostare i malati. Forse è proprio da questo settore che bisognerebbe partire per fare ordine visto che in una giornata passata in attesa di un intervento al pronto soccorso di Formia , abbiamo potuto contare 5 autoambulanze di cui : 1 Ares, 1 Croce Rossa Italiana, 1 Croce Bianca e 2 118 Roma Lazio Soccorso.
Oltre modo intollerante è la situazione del personale ospedaliero, che tra flessibilità, carichi di lavoro e piante organiche sottodimensionate vive momenti drammatici, senza che però ci sia alcun impegno della politica a risolvere tali questioni che ovviamente si ripercuotono negativamente sulle prestazioni sanitarie. Gli stessi autisti del 118 (65 in tutta la provincia di Latina) sono a rischio, perché nessuno ha intenzione di provvedere alla loro stabilizzazione.
L’ospedale “DONO SVIZZERO” subirà un taglio, anche se solo “parziale”, di 7 posti letto, passando dagli attuali 226 a 219. A fronte di questo è previsto invece un aumento dei posti letto in importanti ospedali convenzionati, quali: Ospedale Fatebenefratelli (+10); Policlinico Casilino (+34); Ospedale San Pietro + 14; Campus Biomedico (+20). Dove? A Roma ovviamente. E nonostante che Roma abbia già un numero di posti letto pari a 4,2 ogni 1000 abitanti contro i 2,8 ogni 1000 abitanti di Latina.
Il vero problema, causa dell’enorme deficit regionale e che ha portato al commissariamento della sanità nel Lazio, è dovuto al fatto che la sanità, «privata e religiosa», nella regione gestisce in convenzione (quindi pagata con soldi pubblici) il 53% degli ambulatori, delle cliniche e l’80% delle strutture riabilitative, mentre solo il 47% delle strutture, oggi, nel Lazio è gestita dal pubblico. Un esempio di quanto affermiamo è che a fronte alla riduzione dell’offerta pubblica , riscontriamo che la “CASA DEL SOLE CLINICA TOMMASO COSTA” ha confermato i 117 posti letto ( 108 ordinari + 9 Day Ospital).
Ed i nostri amministratori locali cosa fanno? Al solo sindaco di Gaeta è stato lasciato l’onere di difendere l’idea che per l’ospedale della sua città ci sia ancora spazio. Per il resto solo un assordante silenzio, probabilmente legato agli obblighi che impone loro l’attuale alleanza politica che governa la regione Lazio. Evidentemente la tanta pubblicizzata idea della “Città del Golfo”, in cui trovano spazio servizi condivisi, è la solita invenzione frutto della necessità di buttare nell’agone politico un elemento di disturbo che sappia distogliere l’opinione pubblica dai veri problemi che la attanagliano.
Ed infine ci spiace che nessuno abbia speso parole per dar conto alla popolazione dell'”Ospedale del Golfo”, di cui si parla da anni. In uno studio opera di Roberto Gallia, Roberto Guratti e Marilena Terreri (gli ultimi due sono attualmente alle dipendenze del comune di Formia), si parla di una struttura che sarebbe dovuta sorgere a S.Croce dal costo di circa 103milioni di euro, a cui sommare ulteriori 259miliondi euro per lo studio di fattibilità, che interesserà vari profili professionali, vista la complessità dell’opera. Probabilmente come per la Pedemontana se ne riparlerà alle prossime elezioni comunali e noi cittadini continueremo a doverci recare nella capitale perché venga tutelata la nostra salute.
Gennaro Varriale
circolo “ENZO SIMEONE”
partito della Rifondazione Comunista
Formia