La scuola sotto attacco, si continua a punire i più deboli

Leggere che un genitore debba ricorrere al Tar per consentire al proprio figlio diversamente abile di poter usufruire dell’insegnante di sostegno lascia l’amaro in bocca, come l’amaro in bocca lascia il voler attribuire la responsabilità di tale gesto al dirigente scolastico dell’istituto frequentato dal ragazzo.

La realtà è ben diversa, come ormai tutti hanno capito, la colpa è dei tagli previsti dalla riforma Gelmini, tagli che hanno danneggiato notevolmente l’offerta formativa rivolta agli studenti, in quanto hanno espulso dalla scuola pubblica migliaia di insegnanti precari, tra quali tantissimi insegnanti di sostegno, cosa che di fatto ha obbligato i dirigenti scolastici a ridurre il numero di ore nelle quali gli alunni disabili possono usufruire della loro assistenza, togliendo colpevolmente agli alunni una possibilità in più per inserirsi tra gli altri coetanei.

Nonostante le continue rassicurazioni da parte della Gelmini sul mantenimento di un adeguato livello di attenzione nei confronti della disabilità in ambito scolastico, sembra proprio che il governo Berlusconi si sia divertito ad accanirsi contro i più deboli, tagliando il numero di insegnanti di sostegno, compito svolto egregiamente dagli Uffici Scolastici Provinciali e da quello Regionale, sulle cui spalle pesa tale onore.

La sordità del governo Berlusconi alle lamentele dei genitori degli alunni diversamente abili è stato così forte da costringerli, in molti casi, a rivolgersi alla giustizia amministrativa (TAR) per vedersi riconosciuto un diritto garantito dalla nostra Costituzione, oltre che dalla legge 104/1992 che all’articolo 12 comma 5 garantisce all’alunno disabile “un piano educativo individualizzato, alla cui definizione provvedono congiuntamente, con la collaborazione dei genitori della persona handicappata, gli operatori delle unità sanitarie locali e, per ciascun grado di scuola, personale insegnante specializzato della scuola, con la partecipazione dell’insegnante operatore psico-pedagogico individuato secondo criteri stabiliti dal Ministro della pubblica istruzione”.

A sostegno della validità di tale articolo è intervenuta più volte la magistratura, ricordiamo l’ordinanza n°112 del 2010 e la sentenza del 26 febbraio 2010, n. 80 della Corte Costituzionale , ma evidentemente – in questi casi – vale il detto: «non c’è peggior sordo di chi non vuole sentire».

Ovviamente una riforma scolastica che punta solo a far cassa, senza tener conto in alcun modo delle esigenze dei più deboli dimostra ancora una volta la ferocia sociale della politica di rigore imposta dal ministro Tremonti, che continua a colpire le classi più disagiate ed a premiare i ricchi, con il solo scopo di accompagnare la scuola pubblica verso lo sfacelo, a tutto vantaggio delle scuole private ( soprattutto quelle cattoliche).

La battaglia contro la riforma Gelmini si deve necessariamente spostare dalle aule dei tribunali alle piazze, perché solo tenendo insieme vertenze locali e vertenze nazionali sarà possibile farne carta straccia. Concludiamo chiedendo conto degli interventi messi in campo dagli enti locali (regione-provincia-comune) per compensare tali tagli, non vorremmo dover constatare che ancora una volta non si è fatto nulla per aiutare chi ha bisogno.

Roberta Trombetti
segretario del Circolo “ENZO SIMEONE”
partito della Rifondazione Comunista
Formia

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